Le immagini confuse di miliziani di Hamas che a Gaza si muovono con rapidità per armare i missili Qassam e lanciarli contro Israele, seguite dalle immagini più definite dei danni provocati da quelle armi rozze che tuttavia demoliscono, sbrecciano, feriscono e talora uccidono parlano il linguaggio della guerra.
Gli israeliani non hanno dubbi al proposito e la stragrande maggioranza di essi e dei partiti che li rappresentano politicamente ritengono che la risposta ad un’azione bellica non possa che essere un’operazione militare.
L’esercito ha ottenuto il via libera. L’intento è quello di fare pagare a caro prezzo a Hamas la sua aggressione contro i territori di confine dello Stato D’Israele.
In questa situazione esplosiva, fa la sua timida comparsa qualche gesto di distensione: gli israeliani hanno autorizzato il passaggio di aiuti umanitari verso il devastato territorio, il premier Olmert si è rivolto al popolo di Gaza per sollecitarlo a ribellarsi al “comune” nemico Hamas.
Nobile gesto quello di rivolgersi ai popoli, ma a quale popolo? Un popolo nella dignità delle proprie prerogative? Titolare legittimo del proprio futuro? il popolo di una nazione, dotato di un proprio stato?
No! Un popolo che oggi vive in stato di assedio? Un popolo la cui maggioranza elettorale ha scelto Hamas in una delle elezioni più libere e democratiche che si siano viste negli ultimi tempi.
Se questa è la realtà, il fervorino di Olmert è puramente demagogico ed è un ennesimo viatico per passare da un cul de sac ad un altro. Niente di nuovo sotto il cielo della Terrasanta, se non le ennesime sofferenze degli inermi.
Sia Hamas che il governo israeliano potrebbero fare altro, ma da quelle parti sembra impossibile andare oltre la routine del nefasto status quo.
Di prendere il problema dalla radice poi neanche se ne parla più se non per pura accademia.
MONI OVADIA
mercoledì 31 dicembre 2008
La tragica situazione di Gaza
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